Sorveglianza sanitaria EX-esposti amianto Piemonte: Lo Stato dell’Arte
CONTINUA L’INCHIESTA DELLO SPORTELLO AMIANTO NAZIONALE PER DESCRIVERE LO STATO DELL’ARTE DELL’APPLICAZIONE DEI PROTOCOLLI PER LA SORVEGLIANZA SANITARIA ESPOSTI AMIANTO NELLE REGIONI ITALIANE. OGGI FOTOGRAFIAMO LA SITUAZIONE IN PIEMONTE A MAGGIO 2019
Con l’aiuto di Sebastiano Sampò presidente A.R.A.S.I.S. (Associazione Rischio Amianto e Sostanze Inquinanti per la Salute di Mondovì e della Val Tanaro), associazione Piemontese che partecipa al comitato scientifico dello Sportello Amianto Nazionale e al tavolo Interistituzionale Amianto della Regione Piemonte, continuiamo la nostra descrizione dello Stato dell’arte dell’ Applicazione dei protocolli per la sorveglianza sanitaria esposti amianto nelle Regioni Italiane.
Di sorveglianza sanitaria agli ex-esposti all’amianto se ne parla dalla legge n° 257 del 27 marzo 1992, ma fino ad oggi , il Piemonte non ha messo in campo protocolli e regolamenti attuativi concreti in merito, se pur lo scorso anno è stato approvato il 22 febbraio 2018 il protocollo Stato-Regioni-Provincie autonome di Trento e Bolzano, n° 39/CSR che disciplina le linee di carattere generale che le singole Regioni e Province dovranno applicare in merito.
Mentre alcune regioni come la Toscana (Vedi articolo Sportello Amianto Nazionale Sorveglianza Sanitaria in Toscana) si sono già attivate , la situazione in Piemonte resta ancora da chiarire ed organizzare.
Proprio perciò In data 8 aprile 2019 alcune associazioni di tutela delle vittime, tra cui alcune parte del Comitato Scientifico dello Sportello Amianto Nazionale, a seguito delle numerosissime richieste di informazione in merito da parte di cittadini piemontesi, hanno chiesto un incontro in Regione al fine di verificare l’avanzamento di questo protocollo e hanno dovuto prendere atto che la Regione Piemonte non ha ancora deliberato l’attuazione dell’accordo 39/CSR del 22 febbraio 2018 e ciò stupisce vista l’attenzione sempre dimostrata dalla Regione stessa sul tema Amianto che tanto ha coinvolto e brutalizzato le terre e i lavoratori Piemontesi nei decenni di produzione e commercializzazione del pericoloso materiale.
Nell’arco di tale riunione la regione ha riferito difficoltà di relazione con l’INAIL regionale per l’acquisizione degli elenchi esposti trasferiti all’ufficio di area dall’INAIL nazionale e ha riportato una ipotesi di lavoro futuro, “impostata” e tracciata dal responsabile del Settore regionale “Controllo di gestione, sistemi informativi, logistica sanitaria e coordinamento acquisti” che per idea dovrebbe configurare un sistema tutelante per i vincoli stabiliti dalla normativa sulla privacy a tutela del cittadino.
Di fatto quindi ad oggi nulla è strutturato e le Associazioni hanno espresso perplessità sulla proposta di modello operativo illustrato perché, esso sembrerebbe essere un clone del percorso già tracciato all’inizio del 2000 e che dopo 19 anni parrebbe non aver dato alcun risultato apprezzabile vista l’evidente mancanza di conforto agli esposti che non sono “inclusi” nei dovuti programmi di monitoraggio a tutela della salute in maniera sistemica ed omogenea.
Le stesse Associazioni hanno ritenuto di esprimere posizioni più favorevoli all’utilizzo delle competenze della medicina del lavoro e delle strutture che esercitano queste funzioni (SPreSAL) che sono il punto di riferimento collaudato anche e già nelle Regioni partite con il programma di sorveglianza sanitaria.
Su questa linea però, per quanto riguarda l’ipotesi di utilizzare le competenze dei “medici del lavoro” (soluzione adottata altrove dove i protocolli sembrano funzionare) la Regione ha fatto presente alle Associazioni che la situazione Piemontese delle strutture di Medicina del Lavoro differisce sensibilmente rispetto alle altre Regioni in quanto a detta dei responsabili Piemontesi le Regioni che hanno adottato questa soluzione avrebbero strutture di medicina del lavoro meno occupate sul versante dei controlli ispettivi e delle inchieste disposte dall’Autorità Giudiziaria per infortuni sul lavoro o per malattie professionali e, soprattutto, avrebbero elenchi di ex esposti molto ridotti rispetto al Piemonte.
Le associazioni presenti al tavolo Regionale inoltre hanno segnalato ai rappresentanti stessi che gli elenchi di ex-esposti necessiterebbero di un radicale aggiornamento perché allo stato dell’arte, per tutti i soggetti non inclusi, la procedura prospettata che porterebbe a tempi molto lunghi rischierebbe di non avviarsi prima della scadenza prevista dal protocollo generale dello Stato che all’allegato A recita:
“Per i soggetti che risultano alla prima visita negativi da un punto di vista clinico-strumentale, compresi quelli con placche pleuriche minime, è consigliabile un controllo periodico almeno triennale fino a 30 anni dalla cessazione dell’esposizione…”
Perciò riferendo la normativa nazionale a esposizioni lavorative le associazioni hanno doverosamente ricordato che la prima esclusione di alcuni soggetti , per eventuale negligenza nella prima “catalogazione” rischierebbe di escluderli definitivamente dai benefici visto che oggi siamo a 27 anni dalla cessazione dell’esposizione lavorativa.
“Preso atto che la Regione Piemonte non ha ancora deliberato l’attuazione dell’accordo 39/CSR del 22 febbraio 2018 della Conferenza Stato Regioni le Associazioni auspicano che gli Uffici competenti della Direzione Sanità, INAIL e CSI possano concludere a breve le valutazioni in corso per far sì che la Giunta Regionale del Piemonte possa approvare l’intesa della Conferenza e le indicazioni tecniche ed operative della Direzione Sanità prima della scadenza del mandato politico-amministrativo” – dichiara infine Sebastiano Sampò presidente A.R.A.S.I.S. (Associazione Rischio Amianto e Sostanze Inquinanti per la Salute di Mondovì e della Val Tanaro) autore di questo memorandum di inchiesta redatto il 14 Maggio 2019.
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