Protti Sportello Amianto Nazionale: Grande collaborazione. Fiducioso nel 2025

Molte le intenzioni e moltissima la collaborazione istituzionale e politica trasversale. La macchina dello Stato può realmente ripartire, organizzata e strutturata per avanzare. È necessario ridefinire interlocutori giovani, preparati, presenti nelle istituzioni e negli enti operativi, che si concentrino solo sul problema e che si assumano responsabilità. Suggerisco, inoltre quanto sia indispensabile eliminare l’influenza di un sistema di “consulenze” che, nella gestione dell’amianto, è stato protagonista auto referenziato per decenni, pesando su ogni decisione ma senza alcuna responsabilità e con risultati che sono sotto gli occhi di tutti.
L’anno è iniziato all’insegna della cooperazione per lo Sportello Amianto Nazionale, che nelle interlocuzioni ha più volte sollevato al legislatore la necessità di riprendere con decisione il dossier amianto e costruire valore e performance attorno a una classe dirigente giovane, preparata, con un solido background accademico per i temi scientifici e con specificità di comprovata performance per la parte strategico organizzativa, accomunata da concentrazione alta qualità della performance, volontà e coesione, capace di lavorare in gruppo, scevra da individualismi e votata a strategie volte ad affrontare e risolvere.
L’amianto rappresenta senza dubbio una problematica complessa, che potrebbe affliggere i nostri territori ancora per molti anni a venire, con oltre 5.000 morti all’anno, 3 miliardi di costo solo per la sanità pubblica e 30 milioni di tonnellate di materiali contaminati ancora presenti sul territorio italiano. Tuttavia, la gestione di questa problematica negli ultimi 35 anni, ha dimostrato una sostanziale disattenzione da parte delle amministrazioni che si sono succedute. Tale disattenzione potrebbe aver generato centri di potere, piu’ propensi ad accrescere “dubbi profili” di prestigio e posizioni di profitto individuali. Si sono probabilmente accreditati incompetenti, impreparati, nel partecipare e gestire organizzazioni complesse, con scarsa pertinenza e preparazione inadeguata, via via autoreferenziati a dominare un settore, troppo costoso in termini sociali, di salute ed economici per lasciarlo alla mercé di individualismi. Abbiamo contribuito a costruire “con metodo” personaggi per lo più interessati a giocare agli “scienziati” o ai “giuristi” per pubblicare qualche articolo su qualche rivista piu’ o meno qualificata e per incrementare il proprio valore, da dipendenti dello Stato che esercitano la libera professione, come periti o consulenti in ambienti medico legali, non agevolando il reale avanzamento verso la risoluzione del problema.
Fabrizio Protti con Marcello Fiori DG INAIL

A fronte di un possibile fallimento operativo e strategico, lo Sportello Amianto Nazionale rileva che troppo spesso, la selezione di dirigenti e consulenti che hanno collaborato con Enti e Ministeri in materia di amianto, non è stata probabilmente basata su criteri di selezione per capacità, preparazione strategica, operativa e di sintesi, attorno al valore della risoluzione e a un piano definito, ma piuttosto, probabilmente su logiche di appartenenza e favoritismi personali creando figure, “talvolta bizzarre” , a scapito di più validi collaboratori dello Stato, che ci hanno regalato il risultato attuale e che invece di lavorare per la risoluzione hanno lavorato appunto in ottica personalistica, ritagliandosi briciole di prestigio e identità, spesso immeritate e costruire sull’arroganza e la critica, tout court del prossimo, sia esso un collega del Pubblico che ne minacciava il galleggiamento o un privato cittadino volenteroso, esclusivamente e senza alcuno scrupolo per incrementare ricavi personali in ambiti “consulenziali”, peritali, giuridici, o di altro tipo, ma comunque ben lontani alla gestione e risoluzione del problema.
Fabrizio Protti e il Viceministro On Vannia Gava Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica

Il possibile condizionamento delle scelte operative nel settore amianto
Per spiegare questa situazione occorre andare indietro nel tempo e occorre riconoscere il ruolo fondamentale della lotta sindacale nella genesi della Legge 257/1992, che ha sancito la messa al bando dell’amianto in Italia. Proprio in quel momento storico, dopo la messa al bando, alcuni attori protagonisti di quei momenti di lotta e qualche fortunato gregario, potrebbero aver consolidato posizioni di potere, cristallizzando carriere sia politiche, che orbitanti attorno allo Stato, insinuandosi nei neonati meccanismi e nelle burocrazie pertinenti ai tavoli di controllo dell’ applicazione della legge. Un evoluzione naturale, che però ha demandato a strutture inadeguate le strategie di risoluzione e ha premiato incompetenti in organizzazione e coordinamento eleggendoli di fatto a gestire, mentre i fortunati “miracolati” erano più portati ad autocelebrarsi e accrescere se stessi sull’alea e onda della lotta pregressa quale paspartout per una serena carriera. Così si sono creati “impiegati del pubblico” votati a fare lavori collaterali ben pagati, come consulenti e periti in tribunali, “pubblicatori” di articoli su riviste con “impact factor” scientifico e si è alimentato un sottobosco personalistico, perdendo di vista l’obiettivo, limitando il ricambio generazionale a scapito e demotivazione di altri validissimi colleghi del pubblico, distruggendo performance e merito “nel” e per la risoluzione che probabilmente disturbava anche un po’ altri equilibri. Invece di riconoscere di non essere in grado di correre queste nuovi miracolati hanno probabilmente rallentato la corsa di tutti con la tecnica della critica accreditata, forse, concentrati a accrescere interessi personali di piccolo cabotaggio. Invece di promuovere competenze e meritocrazia, queste dinamiche potrebbero aver generato quindi un sistema chiuso, patriarcale e campanilistico, dove “benedetti dal sistema” hanno costruito una carriera più per affinità ideologica che per reale preparazione e questa visione individualistica ha condizionato l’obiettivo primario facendolo passare in secondo piano.
Questi personaggi, che fortunatamente non rappresentano la totalità, si sono quindi accreditati e radicalizzati dalla parte del Pubblico, e potrebbero aver imposto la propria presenza negli organismi decisionali e nelle commissioni Ministeriali, difendendo “il forte”, senza permettere l’avanzamento di nuove classi dirigenti e ostacolando, ovviamente, anche qualsiasi rapporto di collaborazione pubblico privato, che evidenziasse i loro evidenti trentennali insuccessi. Invecchiando nella loro probabile incapacità strategica, testimoniata dagli scarsi risultati raggiunti, potrebbero aver trattato l’amianto come “cosa propria”, ignorando, o addirittura sfruttando di fatto, la sofferenza e la morte causate dal procrastinato e costosissimo mancato avanzamento verso la risoluzione del problema. Come “Bug” nel sistema, hanno agito sventolando la bandiera de “Il pubblico deve fare la sua parte e il pubblico siamo noi” probabilmente pensando al profitto personale e alle loro zone di confort, votati alla costruzione di alee collaterali autoreferenziali, chiusi in circoli di comando difesi contro tutto e tutti, diventati sempre più inespugnabili, così regalandoci la situazione attuale, caporali con la “benedizione” di una classe politica disattenta o forse in parte “complice ideologico inconsapevole”. In 35 anni, mentre loro restavano ancorati a concetti di emergenza e lotta sociale e di classe tra pubblico e privato, chiaramente strumentali, si è perpetuato un immobilismo dannoso, giustificato spesso con la retorica della battaglia sociale, che esclude ogni collaborazione democratica non curandosi se questo pregiudichi risultati concreti.
Non possiamo fare di tutta l’erba un fascio, ma è evidente che se oggi, dopo aver speso oltre 100 miliardi di euro in 30 anni e registrato più di 50.000 morti per malattie asbesto-correlate, ci troviamo ancora in una situazione gravissima per Salute e Ambiente, la responsabilità non può essere attribuita a chi come il mondo associativo cerca oggi di affiancare il Pubblico con evidenti successi o a chi nelle istituzioni è arrivato oggi e arriverà in futuro concentrandosi sul problema, ma piuttosto con tutta probabilità i colpevoli vanno cercati tra chi è stato a vario titolo nelle stanze dei bottoni a gestire il problema sino a ieri.
Sradicare il male dall’interno impone la necessità di un cambio generazionale e strategico
Le leggi tardive per la qualifica delle competenze hanno aggravato ulteriormente la situazione creando figure accreditate, pagate dallo Stato a vario titolo e prezzolate extra in tribunali e ambienti dell’editoria scientifica in regime di libera professione, non propriamente adeguate a ciò che hanno fatto e fanno. Nei primi anni delle lotte per la tutela della salute nei luoghi di vita e di lavoro, anche per esercitare attività di controllo per nome e conto dello Stato, le competenze di titolo non erano determinanti e forse si pensava che un’esperienza pratica potesse essere sostitutiva alle qualifiche accademiche. Solo dopo il 2008, con il Testo Unico sulla sicurezza e il riconoscimento della laurea come requisito obbligatorio dal D.Lgs. 81, alcune figure, che con un semplice diploma di perito tecnico industriale, fino ad allora lavoravano nel settore come igienisti industriali, si sono trovate costrette a iscriversi a percorsi universitari triennali solo per poter conservare il proprio posto fisso e ciò ha di fatto cristallizzato la mediocrità promuovendola ad eccellenza.
Fortunatamente sin dagli albori della battaglia, il mondo accademico quello vero, ha prodotto anche giovani professionisti privi di ideologie, caratterizzati da umiltà, onestà intellettuale e grande dedizione, come l’appena defunto Dario Mirabelli nel settore dell’epidemiologia. Tuttavia, accanto alle eccellenze, il sistema ha generato anche molte personalità autoreferenziali, chimere senza una reale preparazione accademica e scientifica, che però da “impiegati dello Stato” spesso senza neppure rivestire ruoli chiave o di dirigenza, si sono accreditati in ambienti scientifici paragonandosi ad accademici veri, millantando crediti per accrescere poteri personali e profitti di libera professione, in ambienti peritali e consulenziali legati alle cause per amianto, conservando o avendo conservato sino alla pensione lo status di dipendenti pubblici in totale antitesi allo scopo per cui l’istituzione li pagava. Figure grottesche che hanno passato probabilmente una vita a traino, da imbucati, maestri della critica verso il prossimo come strategia di carriera e ancora oggi se, da pensionati restassero riferimenti “saggi” per Ministeri e gli Enti nella nuova generazione di professionisti per risolvere il problema amianto, potrebbero rappresentare, non solo una totale mancanza di visione per il futuro, vista l’età anagrafica, ma anche i veri ostacoli alla lotta contro l’inquinante, costituendo un ulteriore elemento di disagio e demoralizzazione delle nuove leve Pubbliche per la loro innata indole, incline alla salvaguardia patologica di una specie che preserva il proprio circoscritto status e che ha già ampiamente dimostrato incapacità generale e decennale disinteresse collettivo.

Presidente e DG INPS Ospiti dello Sportello Amianto Nazionale

Se queste dinamiche esistono, e probabilmente esistono, sono fiducioso che in futuro i Governi e i decisori politici siano in grado di liberarsi dai vincoli di un passato improduttivo, arrogante e autoreferenziale. La gestione dell’amianto in 35 anni certamente non è stata una evidente eccellenza, e ciò dimostra la necessità di un cambio di rotta radicale negli uomini, nelle donne e nelle strategie.
Lo Sportello Amianto Nazionale ritiene che il Governo potrebbe dover intervenire con decisione, creando task force interisitituzionali e multidisciplinari di giovani professionisti concentrate esclusivamente sul problema, altamente qualificati, selezionati con criteri meritocratici e trasparenti, che nella parte della scienza, garantiscano curricula universitari di rilievo e per la parte organizzativa si siano distinti in esperienze settoriali nella multidisciplinarità che riguarda l’amianto con evidenti attestati di stima e onorificienze di Stato.
Presidente GSE e Presidente INAIL sopiti dello Sportello Amianto

Sono fiducioso che quest’anno il Governo possa incidere realmente nelle strategie per la gestione del rischio amianto. Potrebbe avere la forza politica e il necessario distacco per rispettare la storia, ma guardare con obiettività ai risultati, avviando un cambiamento concreto, che elimini ,nell’italia dei Baronati, già rinomata per essere irrispettosa del prossimo e del Pubblico, questi “baroncelli” che del Pubblico portano una ipocrita bandiera servendo solo se stessi. (Dichiara Protti che prosegue) Mi auguro che il futuro veda coinvolte professionalità giovani e preparate, già in forza presso Ministeri, Regioni, enti di ricerca, enti previdenziali, assicurativi, sanitari e ambientali, oltre che provenienti dal mondo degli stakeholder. Figure forti votate all’etica e al bene comune che guardino al raggiungimento degli obiettivi e non a personalismi.
Le future task force dovrebbero essere composte da professionisti con almeno 15 anni di carriera davanti a loro, in grado di offrire una visione strategica di lungo periodo. Ai pensionati, più o meno preparati, potrebbe essere augurato un felice e meritato riposo, senza più coinvolgerli in alcun modo in ruoli chiave, considerando che per decenni hanno avuto l’opportunità di dimostrare cosa sapevano fare e la responsabilità della gestione del problema e non possiamo certamente definire la loro performance un contributo di successo per la collettività.”
Oggi probabilmente grazie a loro, dobbiamo ripartire quasi da zero, con pochi elementi formati e responsabili nelle strutture pubbliche. Chi potrebbe aver fallito dovrebbe essere lasciato alle proprie battaglie personali a giocare da solo al “Barone” mentre il Paese ha bisogno formare e organizzare nuove forze competenti e performanti per trasformare una inefficace lotta di classe, in una strategia multidisciplinare , competente e performante per future vittorie concrete per la Salute Pubblica e l’ambiente.
Vicepresidente del Senato On Centinaio

Fabrizio Protti conclude: “Questa mia riflessione riprende gran parte dei concetti che comunicai come augurio e monito al neo governo eletto il 14 Novembre 2022 con una pagina intera sul Corriere della Sera (potete leggere l’appello di allora cliccando sull’immagine). Non dico nulla di nuovo, il mio pensiero è coerente come le mie azioni, perché per me contano performance e risultato, che sono costruire solo su fatti concreti e misurabili, successi e fallimenti. Credo che questo mi sia universalmente riconosciuto. Non stiamo combattendo battaglie personali, l’ipertrofia dell’ego, il narcisismo personalistico e la paura irrazionale di invecchiare sono patologie psichiche e non possono essere incluse tra le strategie dominanti. Stiamo combattendo una battaglia di civiltà e di difesa della Salute Pubblica, una battaglia che aspetta da troppo tempo e che necessita di una ricostruzione sistemica fondata su collaborazione, visione, capacità di sintesi, obiettività, competenza, pragmatismo, coesione e performance. Se alcuni protagonisti del passato, anche se oramai ufficialmente fuori dai giochi, non hanno dimostrato queste caratteristiche e si ostinano ancora e “patologicamente” nei loro atteggiamenti esclusivi e totalmente improduttivi, spetta al Governo eliminarli definitivamente da ogni interlocuzione, per rispetto della “cosa pubblica”. Ritengo necessario e suggerisco con forza provvedimenti per garantire un ricambio generazionale efficace! Lo dobbiamo ai troppi morti e ai troppi soldi che abbiamo “male investito”, seguendo teorie improduttive di uomini che nell’alibi e a spese dello Stato, non hanno dimostrato di saper essere utili alla collettività “
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